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Storie di Radio – Mauro Micheloni: Prima la radio nel 1976 e poi… Discoring

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di Silvia Giansanti –

Affabile, ironico e naturalmente loquace, Mauro Micheloni ci ha riportato indietro nel tempo con i suoi aneddoti e racconti vari. La sua è stata una carriera brillante e lo è tutt’ora, visto che lo troviamo ben collocato nel palinsesto di RTL Best. In determinate situazioni, come ha affermato lui stesso, avrebbe potuto fare di più, ma sappiamo che il talento di un conduttore è nelle mani altrui. A volte il successo è determinato da una serie di meccanismi che si mettono in moto. Mauro però ha lasciato il segno e continua a farlo nel migliore dei modi.

Chi era Mauro Micheloni prima di divenire noto al grande pubblico?

“Ho sempre avuto un’indole artistica perché all’età di cinque anni, mentre ascoltavo i dischi, prendevo la scopa in mano e simulavo la chitarra. Poi l’ho suonata davvero, stimolato dalla musica dei Deep Purple e di tanti altri gruppi rock dell’epoca. Ho imparato a suonare anche altri strumenti. Mi ricordo le balere con i complessi che si esibivano e la nascita delle prime radio libere. Così sono stato spinto ad iniziare a Verona, nella mia città intorno ai diciassette anni. In quel momento con i miei piccoli risparmi iniziavo anche a comprarmi i primi dischi”.

In che anno è partita la tua avventura radiofonica?

“Nel 1976, ma la data esatta non la ricordo. Ho lavorato a Radio Sound e successivamente a Radio Globo che era una signora radio veronese. Il direttore era il maestro Claudio Cavallaro, un compositore di musica che ha firmato alcuni successi”.

Come sei approdato in tv?

“Quando avevo sui vent’anni durante un’intervista su L’Arena di Verona per il Festivalbar, con tanto di registratore a tracolla, mentre aspettavo Pino Daniele. il suo discografico fu incaricato da Antonello Caprino, lo storico produttore di ‘Discoring’, di dare un’occhiata in giro allo scopo di scoprire qualche nuovo presentatore. Tutto nacque da lì e un bel giorno mi arrivò la telefonata di Caprino che mi invitò a Roma per il provino. Ancora oggi mi fa sorridere il fatto che proprio la Rai mi chiamò a casa”.

Come andò?

“Ricordo che c’erano i miti delle radio italiane tra cui il compianto Leonardo Leopardo. Andai tranquillo a sostenere il provino e tornai a casa. Dopo una decina di giorni mi telefonò sempre Antonello Caprino per comunicarmi che avrei condotto ‘Discoring’ nell’edizione ’81/’82. Diciamo che sono arrivato dopo la figura di Claudio Cecchetto, precursore del dj televisivo, però con meno responsabilità visto che il conduttore ufficiale era Jocelyn”.

Quanta emozione alla prima puntata?

“Tanta, era tutto troppo grande per un giovane come me. Da una radio locale di Verona, mi sono ritrovato a Roma in Viale Mazzini per porre la firma su un contratto Rai. Trovare intorno fotografi e pubblico che voleva autografi, mi sembrava tutto molto strano. Mi sono ritrovato anche in copertina su ‘Sorrisi e Canzoni Tv’ e quindi mi sono reso conto di quello che stavo facendo in quel momento”.

Chi devi ringraziare?

“Antonello Caprino, che è stato per me un vero padre artistico e una persona che mi ha guidato, visto che ero solo e spaesato nella Capitale. Peccato se ne sia andato tre anni fa. Ha lasciato un vuoto in me. E’ stato un maestro e un intenditore di televisione”.

Da quel momento hai capito che avevi in mano un lavoro vero e proprio.

“Certo con ‘Discoring’ che otteneva quindici milioni di ascolti a puntata, ho iniziato a rendermi conto. Da lì ho avuto la prima popolarità. Successivamente sono approdato a Canale 5 per condurre ‘Pop Corn’. C’era Augusto Martelli e una volta Marina Berlusconi, tornando da scuola, fece notare a suo padre Silvio che era il momento di sostituire il vecchio conduttore e, dopo un piccolo sondaggio, presi il suo posto. Mi misero a fianco la bella e compianta Karina Huff. Dopo tornai in Rai per condurre di nuovo ‘Discoring’ fino al Festival di Sanremo del 1986. La mia carriera televisiva si svolse tra il 1980 e il 1988”.

Se non sbaglio hai avuto nuove opportunità.

“Dagli anni ’90 ho girato il mondo come pochi grazie al programma ‘Alle falde del Kilimangiaro’. Ho visitato 52 Paesi. Ho fatto tutta un’altra cosa sempre in ambito televisivo come filmaker, stando dietro la telecamera e non più davanti”.

Oggi programmi come ‘Discoring’ avrebbero lo stesso successo?

“No, ci hanno provato ma sono falliti tutti. La fine di ‘Discoring’ è avvenuta con l’avvento dei videoclip, figuriamoci oggi con i social e tutto quello che gira intorno”.

Invece per quanto concerne la radio?

“Lo scorso anno mi hanno coinvolto nel progetto RTL Best dove ci sono le grandi leve della radiofonia. Voglio esprimere un pensiero per la povera Clelia Bendandi che ci ha lasciati. Non avendo più fatto la radio da svariati anni, all’inizio ero andato nel pallone, perché mi sono trovato una situazione tecnica diversa. Ero abituato al giradischi. Mi sono misurato con un’organizzazione differente. Nel frattempo è avvenuta una grande evoluzione della radio. Ormai la si fa anche in smart. La musica è quella dei tempi nostri e questo mi diverte molto”.

Come vedi la musica di oggi?

“Non mi lascia più nulla. Gli anni sessanta hanno rappresentato una rottura generazionale totale tra chi ascoltava magari la musica di Chuck Berry per passare poi ai Beatles e ai Rolling Stones, arrivando formati alla rivoluzione musicale del ’68 con personaggi come Jimi Hendrix, Joe Cocker ecc. Il cambio epocale è stato pazzesco. In Italia avevamo uno come Celentano che era considerato un rivoluzionario tramite il personaggio del molleggiato. La stessa rivoluzione con interpreti totalmente diversi, l’abbiamo avuta all’inizio degli anni duemila. C’è stato l’avvento del rap, che peraltro era già uscito negli anni ’80, ma che è tornato in maniera massiccia. Tutti i big mondiali hanno finito di fare musica come una volta. Stesso discorso vale per gli italiani, che preferiscono non rilasciare più nulla piuttosto che farsi dire dietro che sono finiti, visto che oggi i dischi non si vendono più. Si va ormai a visualizzazioni, è cambiato tutto. Gli approcci generazionali con la musica sono stati assai diversi. Si è passati da Mia Martini o i Deep Purple a Fedez. Per i giovani la musica è ben altro rispetto alle pietre miliari con cui siamo cresciuti. Dico purtroppo per loro. Ho la curiosità di trovare qualcosa di buono, ma mi sforzo”.

 

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