di Silvia Giansanti
Johnson Righeira, al secolo Stefano Righi, non ha cessato la sua attività, che come ben sappiamo, ha dato vita insieme al suo compagno artistico Michael Righeira, a singoli evergreen come “Vamos a la Playa” e “L’estate sta finendo”. Effettivamente notare un cambiamento fisico in personaggi che ci hanno cresciuto quando eravamo appena adolescenti, oggi fa un certo effetto, ma l’energia è immutata. Infatti a portare avanti la gloria del duetto, conquistata nell’arco di quarant’anni, adesso ci pensa lui. Attualmente vive vicino Torino in un posto contornato da colline e castelli. Affabile e simpatico, ci ha concesso volentieri questa breve intervista durante un backstage. Peccato che il duo si sia sciolto già da un po’ di tempo e che non si sia mai parlato di reunion.
Intanto Johnson Righeira porta in giro la sua musica a far ballare le piazze d’Italia ed è stato ospite protagonista all’edizione 2024 della “Corsa degli Zingari” a Pacentro (AQ), alternandosi con un’altra icona anni ’80 come Ivana Spagna.
Johnson, la tua è una lunga carriera artistica iniziata quarant’anni fa. A che punto siamo arrivati?
“E chi lo sa? Sono felice perché sono rinato. Quattro anni fa, durante il periodo del lockdown, mi sono ritrovato chiuso nel mio rango. Ho trascorso quel momento in isolamento assoluto, il che mi ha permesso di disintossicare la mia mente, portando via un sacco di scorie. Mi sono liberato la mente e sono ripartito con una voglia diversa di fare le cose. In quei lunghi mesi sono nate diverse idee, prima su tutte quella di fondare la mia etichetta discografica che si chiama Kottolengo. In seguito ho iniziato a produrre vino con un brand che ha lo stesso nome. La vita di campagna mi ha ridato nuova linfa”.
Adesso sei reduce dal tour estivo.
“Sì e a dir la verità sono un po’ stanco, non avendo più vent’anni. Infatti un po’ di vacanza ci vuole”.
Il bello degli anni ’80 è che la musica di allora ancora resiste ed è ancora attuale. Cosa pensi invece delle produzioni contemporanee? Avranno la stessa durata nel tempo?
“Non sono così arrogante da fare previsioni di questo tipo. Mi limito a constatare che ho avuto fortuna in quello che ho portato avanti ed è stato un successo inaspettato e travolgente che resiste al tempo. Magari qualche pezzo di oggi resterà nella storia, perché no? Ma non così tanti pezzi come quelli degli anni ’80 che si sentono oggi abitualmente nelle playlist delle radio. E’ stata una produzione massiccia e di grande qualità indipendentemente dai generi musicali”.
Quelle canzoni sono amate e seguite dalla generazione Z.
“Assolutamente sì. E’ per questo motivo che con il mio amico musicista torinese Jonathan, ho dato vita all’ultimo singolo intitolato ‘Ho sempre odiato gli anni ’80’, titolo che fa ridere. Ovviamente è tutta ironia. Basti pensare che all’epoca la italo-disco veniva snobbata, ma dopo quarant’anni siamo ancora qui e seguiti per di più dalle nuove generazioni sia di pubblico, sia di musicisti che si rifanno all’elettronica e a tutti quei suoni esistenti in quel magico periodo. Evidentemente non era così male. E allora dico ‘Ci avete snobbati e criticati? E allora ho sempre odiato gli anni ’80!’ Alla fine ci è venuto spontaneo”.