di Silvia Giansanti –
Per non dimenticare un passato glorioso. Emilio Levi, timbro vocale inconfondibile, ha mosso i suoi primi passi mezzo secolo fa, animato da una passione inesauribile per la musica. La sua presenza ha impreziosito in quell’epoca i palinsesti delle reti Rai. Lui è uno di quelli che parla sempre volentieri di radio!
Emilio, ti ricordi la data esatta del tuo esordio in radio?
“Certo, come potrei non ricordarla? Era l’11 luglio del 1975. Ho fatto il mio debutto in una delle primissime radio private”.
Eri un ragazzino allora. Com’è avvenuto il tuo approccio con il mezzo?
“Eravamo un gruppo di ragazzi che si riunivano ascoltando la musica e la radio tipo Radio Lussemburgo. Avevamo la fortuna di avere un amico che possedeva una mansarda in casa, una dove sua madre lo aveva praticamente relegato. Lì avevamo messo su, appositamente per noi a livello amatoriale, una piccola radio privata. Parallelamente mi occupavo di concerti. E’ trascorso già mezzo secolo da allora”.
Molte persone si sono divertite a fare radio in quegli anni. Ma qualcuno come te è andato avanti…
“In realtà è un lavoro che è scoppiato fra le mani a molti. Il successo delle radio private, che hanno fatto la differenza, è stato duraturo. Mi sono reso conto che stava per diventare una cosa seria quando i discografici chiedevano di poter ospitare i cantanti e gli attori di un certo livello. Eravamo dei pazzi che andavano al microfono parlando della loro musica preferita e delle loro passioni. La mia figura di storico dell’economia automaticamente sparì, devo dire con grande mia fortuna. Penso che sia stata la cosa più emozionante della mia vita. Da hobby-lavoro, per guadagnare due lire da ragazzino, divenne un vero e proprio lavoro”.
Come la prese la tua famiglia?
“Molto bene, non sono stato ostacolato. Si divertivano anche loro a sentirmi. Seppero guardare oltre e capirono che per me poteva essere uno sbocco”.
Com’è avvenuto il passaggio in Rai?
“Nel 1976 assieme alla mia compagna Antonella Giampaoli. Fummo chiamati ad inaugurare la Stereo più avanti. Fu un momento di cambiamento a livello radiofonico”.
Hai un ricordo particolare di quel periodo?
“Non uno in particolare, ma tutto quel periodo è stato d’oro. La felicità assoluta; non c’era cantante o attore o regista che non voleva essere intervistato da noi. Avevamo tutti gli ospiti più importanti. Fu la realizzazione di un’alternativa ad un tipo di radio e ad un tipo di comunicazione che era oramai stantìa da anni e noi eravamo riusciti a scardinare tutto ciò. La favola diventò realtà”.
Chi furono i tuoi primi colleghi?
“Fabio e Fabrizio Frizzi, Mario Pezzolla, Barbara Condorelli, giusto per citarne qualcuno. E’ stata tutta gente che da quella esperienza ha poi preso il via…”.
Un ricordo di Clelia Bendandi.
“E’ strano, ma io e Clelia non abbiamo mai parlato di radio in tutti quegli anni di amicizia. Parlavamo di cucina ma non di radio. Mai un commento su un collega o su un programma. Clelia era finissima. Quando lavorava a Radio Luna con Ilona Staller, io consideravo invece proprio Clelia la voce dell’erotismo, quello sottile e molto raffinato”.
Come si è sviluppata la tua carriera dopo l’esperienza con la Rai?
“Non mi sono mai fermato, dopo una brusca interruzione con la Rai, sono andato a lavorare con le private tipo a RTL 102.5. Ad un certo punto però mi sono reso conto di essere diventato un dinosauro e, come avevamo cacciato i dinosauri dell’epoca, mi sono ‘auto-cacciato’. La radio che si fa oggi non è nelle mie corde e devo ammettere che mi manca molto”.
A tal proposito come vedi la radio odierna?
“E’ diversa, non dico meglio o peggio, ma non rispecchia i miei canoni. Ho un concetto ben diverso. Il personaggio radiofonico deve anche passare musica e proporre. Oggi tutto questo non è più possibile ed è tutto troppo confezionato e automatizzato”.
Nella foto Emilio Levi insieme ad Antonella Giampaoli