Caterina Rossini: Una straordinaria artista della lirica

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Brava Caterina. Superba Caterina. Eccellente Caterina. Non potrebbero esserci appellativi differenti per parlare di un’artista come Caterina Rossini, cantante lirica in continua ascesa di cui dobbiamo far conoscere ogni suo aspetto a tutti i nostri lettori in cui il destino era già chiaro nel suo cognome.

Cosi i talenti italiani come in questo caso, danno lustro alla nostra nazione ed arricchiscono il panorama locale estero delle città in cui scelgono di vivere.

Caterina Rossini, di origini italiane, si è trasferita diversi anni fa negli Stati Uniti d’America, con un sogno nel cuore, trasformato lentamente in una ascesa carrieristica incredibile ed imponendosi da subito sulle ribalte teatrali più importanti, mostrando capacità e determinazione. Questo perché quando la grande scuola del canto lirico italiano trova fondamento in un talento di rara bellezza, questo è ciò che determina.

Il tutto, rispecchiando i canoni attuali che le maggiori scene internazionali richiedono e cioè un’estetica ed una voce che viaggiano di pari passo, dando gioia pura a vista e udito a livelli massimi rendendola unica nel suo genere.

Il canto lirico, come sappiamo bene, prevede virtuosismi e bellezze vocali apparentemente semplici ma in verità di estrema difficoltà, ed qui che gli svolazzanti pianissimi di Caterina Rossini sanno penetrare fino all’ultimo spettatore, alternandosi a mezzi forti di struggente dolcezza, a forti di squillante intensità e spesso di lama tagliente.

Usare una voce con padronanza tecnica così superba e subordinare tale tecnica all’atmosfera della musica: questo significa cantare in grande stile.

La voce di Caterina Rossini, infatti, possiede, nel suo insieme, un forte drammatico combinato con un timbro seducente e ed al tempo stesso squillante.

Per la Capitale, Caterina Rossini ha realizzato una serie di concerti a Palazzo Barberini e nella Sala Baldini, incantando il pubblico con la sua voce data ai principali ruoli del panorama lirico e che che letteralmente avvolge con grazia spontanea.

Andiamo meglio a conoscere questa straordinaria artista.

Caterina, grazie per aver accettato il nostro invito. Dopo questa presentazione, facciamo maggiormente conoscere la sua persona dagli esordi. Come nasce il suo amore per il canto?

“Grazie a voi per l’invito e soprattutto per la bellissima presentazione, che apprezzo moltissimo! L’amore per il canto è senza dubbio nato insieme a me, poi facilitato e incoraggiato dai miei genitori, entrambi grandi amanti della musica. Mio padre era diplomato in pianoforte a Santa Cecilia e mia madre mi accompagnava alla chitarra quando cantavamo insieme. Entrambi hanno avuto anche molta premura di espormi alla musica classica e alla lirica, ma devo ammettere che l’amore per la lirica è sbocciato un po’ più tardi”.

Come è avvenuta la decisione di trasferirsi negli Stati Uniti d’America?

“Anche questo è stato un desiderio innato, sebbene meno incoraggiato dai miei genitori, naturalmente.  Ho sempre desiderato trasferirmi a NY un giorno. Dopo aver concluso gli studi a Roma, ho sentito di essere pronta ad andare”.

Quali differenze ha riscontrato i primi anni?

“I primi anni sono stati ricchi di soddisfazioni ma anche caratterizzati da una lunga curva di apprendimento. Ho dovuto imparare a muovermi a NY, a sopravvivere al freddo, a trovare un Maestro ripassatore di spartito, a quale sindacato iscrivermi e innumerevoli altri elementi della vita di un musicista newyorkese che ignoravo completamente”.

Quale è stato il suo primo ruolo principale interpretato?

“Il primo ruolo è stato quello di Kate Pinkerton, anche se è considerato di comprimariato e non un ruolo principale. Nella stessa stagione il primo ruolo principale è stato quello di Flora in La traviata. Entrambi cantati al teatro della 76esima con il mio primo sponsor, il Dicapo Opera Theatre”.

Quale personaggio lirico sente più vicino alla sua persona?

“Tutti quelli che più trasmettono amore per la vita. Sono vicina alla natura materna di Suzuki, alla tenerezza di Cherubino e all’amore indomabile di Romeo (di Bellini) per la sua Giulietta”.

Come si incontra il mondo delle lirica con le richieste che si hanno oggi da parte di teatri e registi? Cosa si richiede?

“Oltre alla tecnica e alla tanta stamina, si richiede anche tanta agilità. Bisogna quasi essere uno stunt o un atleta nei teatri di oggi. A me è capitato di dover entrare in scena da un ponte sospeso che oscillava come un pendolo, sono stata calata dall’alto, sollevata da piattaforme sotterranee, tirata da un cavallo, da un cane, portata in braccio e chi più ne ha più ne metta”.

Da dove parte per lo studio di un personaggio?

“Dallo spartito. I grandi compositori ci danno tutto. Tutte le nuances e le pulsazioni emotive di un personaggio, che lo portano ad agire in uno o in altro modo, sono descritte, evidenziate o introdotte dalla musica; basta saperle sentire. In questo senso devo dire che i grandi insegnanti e i grandi direttori sono preziosi. Hanno loro il merito di tramandare la qualità del nostro repertorio”.

Sente un legame esistente tra la nostra cultura italiana e quella americana?

“Sono due sfere culturali troppo lontane per avere un legame. Un filo conduttore si può trovare nel fatto che la comunità italiana è stata di estremo beneficio agli Stati Uniti in epoche passate. Nel mio particolare settore, personalmente ho sempre riscontrato molto rispetto e molta ammirazione per il contributo incommensurabile che l’Italia ha dato alla musica. Ed io di conseguenza sono estremamente grata dell’accoglienza che ho riscontrato ovunque abbia lavorato”.

La competitività in questo settore è molto alta… come la vive e gestisce?

“La vivo ponendo maggiore attenzione sui benefici che questo lavoro mi ha recato in generale. Sono felice che la musica abbia arricchito la mia vita e che mi abbia dato un obiettivo al quale legarla. A parte questo, un po’ di sana competitività non guasta. Ci spinge a migliorarci e ad alzare gli standard”.

A quale progetto sta lavorando?

“Il mio repertorio si è ampliato nell’ultimo anno e di conseguenza sono impegnata nello studio di nuovi ruoli, quali Dalila dal Samson et Dalila di Saint-Saëns, Desdemona dall’Otello di Rossini e Sara dal Roberto Devereux di Donizetti. A parte questo, ho intenzione di fondare un nuovo epicentro per le arti a Dallas, dove vivo attualmente. Farò leva sui rapporti che nei decenni ho costruito all’interno del mondo della lirica, sia negli Stati Uniti che in Europa, per offrire una preparazione artistica di alto livello. Tra i membri del futuro staff abbiamo già ricevuto conferma da grandi artisti americani e internazionali, come per esempio i direttori Gregory Buchalter e J.David Jackson (Metropolitan Opera), il soprano Barbara Frittoli (La Scala), il direttore di compagnia e regista Michael Capasso (New York City Opera) e numerosi altri”.

Cosa consiglierebbe a un giovane cantante lirico che vuole iniziare una carriera all’estero come la sua?

“Di essere ben rappresentato! In alternativa, come è stato nel mio caso, consiglio di armarsi di santa pazienza e di non disdegnare alcuna opportunità. Ogni lavoro in scena che mi è capitato di fare, mi ha insegnato qualcosa del teatro, o della musica, o del repertorio, o semplicemente del mondo del lavoro. Tutti questi elementi, anche i più piccoli, hanno contribuito alla mia formazione personale, musicale e vocale”.

 

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