di Silvia Giansanti
Anche in estate continua la nostra avventura attraverso i ricordi e la storia di chi ha fatto la radio agli albori.
E’ molto più entusiasmante sentire i racconti da chi ha vissuto in primo piano una bella fetta di storia della radio, che buttare giù un semplice articolo con varie informazioni. Se lo dicono loro, allora è tutto corretto! Daniela Debolini ancora oggi gravita nel mondo della comunicazione, anche se ha raggiunto i contributi giusti per la pensione. Ma chi è professionista con tanto di partita iva, sa che può scegliere se arrivare anche a novant’anni. Il suo esordio nel mondo radiofonico risale a cinquant’anni fa. Dalle prime radio private a mamma Rai. “Sono stata la prima donna dopo Lelio Luttazzi a condurre la Hit Parade in Rai”. Si definisce un’artigiana del suo mestiere e una ‘cazzara’, quest’ultima caratteristica la aiuta a restare giovane. Non a caso ama Fiorello.
Daniela, il mondo della radio ha cercato te o viceversa?
“Diciamo entrambe le cose. Parliamo di cinquant’anni fa quando stavano nascendo le prime radio private, dopo il monopolio Rai. All’epoca studiavo e andai in un negozio per comprare una radio con la banda fm. Ho sempre abitato in zona Roma Nord e un mio amico mi fece sapere che avevano aperto una piccola radio. Amando molto la musica italiana, fui invogliata a iniziare a trasmettere a Radio Tevere (tutte radio ormai sparite). Era il 1975 e vicino c’era Radio Elle di Gianni Leuci. Lavorai lì tre mesi e poi passai a Radio Elle, per la prima volta retribuita. Anche lì mi occupai di un programma sulla musica italiana, di cui conservo ancora una registrazione”.
Molte voci di quel periodo poi sono approdate in Rai.
“Sì, in modo particolare quando furono aperte le Stereo. Fui chiamata da Carlo Principini, dopo un’attenta valutazione delle voci che c’erano in giro in quel momento. Neanche credetti a quella telefonata e invece era tuto vero. Andai così a fare il provino per l’apertura delle Stereo Rai insieme a gente come Francesco Acampora, la compianta Clelia Bendandi, Foxy John e altri nomi noti. Mi presero e stazionai lì per diversi anni, passando attraverso esperienze importanti con gente che conta. Quanti ricordi e quante cose da ricordare. Dovetti fare una scelta con la Rai, in quanto fui chiamata da Dimensione Suono”.
Anche il doppiaggio è stato presente nella tua vita professionale.
“Sì, frequentai una scuola di doppiaggio di Renato Izzo e questo incontro è stato del tutto casuale, in quanto non sono mai stata attratta dal doppiaggio, ma mi ci sono trovata ed è andata alla grande. Ho ricoperto persino il ruolo di direttrice di sala. Il mio cuore però è sempre stato per la radio”.
Cosa hai amato fare nel doppiaggio?
“I documentari mi sono sempre riusciti bene, sono specializzata, tanto da essere divenuta una docente di documentari da quattro anni presso una scuola rinomata”.
“Se dovessi stilare una classifica di ciò che ti piace fare?
“Radio, documentari e doppiaggio”.
Quando ti guardi indietro, cosa ti fa più emozionare?
“Sicuramente gli inizi a Radio Elle e il fatto di aver intervistato quasi tutti i cantanti italiani”.
Rifaresti tutto questo percorso?
“Ad occhi chiusi, tranne per il fatto di aver lottato con le idee di alcuni direttori e di alcuni editori. I cosiddetti meccanismi strani”.
Cosa ne pensi dell’evoluzione della radio?
“Sono della vecchia idea che l’ascoltatore si debba innamorare della voce di un conduttore, quindi non concepisco tutta questa esposizione con la radiovisione, le webcam ecc. Il fascino e il mistero della radio sono venuti meno”.